Euroflora 2018 al Parco di Nervi

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Lo splendore che da sempre accompagna la XI Esposizione internazionale del fiore e della pianta ornamentale, sarà esaltato dal fascino dei Parchi di Nervi: 86 mila metri quadrati di giardini, sentieri e ville storiche sospesi tra cielo e mare. Dal 21 aprile al 6 maggio Euroflora 2018 porterà in un mondo magico e sorprendente. Ci si potrà avventurare alla scoperta di scenografie straordinarie, perdendosi all’interno del grande labirinto o attraversando le “onde di fuoco” in lunghe distese di fiori rossi. Ci si potrà riposare ammirando il tremolare lento delle ninfee sullo specchio d’acqua e lasciandosi incantare dal quadro dedicato alle germinazioni. E poi ancora a passeggio lungo i 5 chilometri di sentieri, per respirare la bellezza di un complesso unico. Con le sue cento specie botaniche, alberi monumentali, palme, l’albero del pepe, ulivi e pini marittimi. Con le sue ville storiche nelle quali entrare per visitare esposizioni e mostre.

Protagonisti ortovivaisti, paesaggisti, regioni e comuni italiani e le eccellenze imprenditoriali del territorio e nazionali. Una manifestazione sempre più attenta a tutela del paesaggio, valorizzazione della biodiversità, sostenibilità urbana e ambientale.

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Rifiuti verdi? No, grazie

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Forse non tutti sanno che i residui di potature, lo sfalcio del prato, le foglie secche, tutto quello che “esce” dal nostro giardino e che spesso abbiamo bisogno di eliminare non sono rifiuti, ma solo ad alcune condizioni.
Il giardino, sappiamo bene, che con le cure giuste può darci tante soddisfazioni. Le nostre piante che crescono, fioriscono, fruttificano sono organismi viventi che ci offrono tutto. Ma ogni tanto questa crescita rigogliosa produce anche rifiuti. Già, questa massa (meglio chiamarla biomassa) a volte è da contenere (vedi potature), a volte da tagliare con una certa frequenza (vedi manutenzione del verde), a volte semplicemente si rinnova, come le foglie che cadono in autunno. Il risultato sembra sempre lo stesso: rifiuti verdi da smaltire. In sacchi o direttamente caricati su un autocarro, sono una montagna di biomassa prodotta grazie a luce, acqua e anidride carbonica che deve essere allontanata, per essere avviata a recupero, come fanno le ditte specializzate come noi che rispettano la normativa ambientale (n.d.r.: chiedi sempre dove finisce il tuo rifiuto).
Così il nostro rifiuto verde inizia il suo viaggio, di trasferimento in trasferimento per raggiungere gli impianti di compostaggio, dove i rifiuti verdi verranno trasformati in compost, l’ammendante vegetale alla base dei terricci normalmente usati. E che magari, qualche mese dopo useremo anche noi nel nostro giardino. Un ciclo virtuoso dei rifiuti che si chiude, certo ma un po’ troppo lungo e dispendioso (pensate che dalle nostre zone gli impianti più vicini sono in Piemonte!).
Dal 2016 però la normativa è cambiata. Il Codice dell’ambiente infatti esclude dal campo di applicazione tutti gli sfalci e le potature provenienti dalle attività agricole, comprese quelle di giardinaggio a condizione che vengano utilizzati in normale pratiche agricole o per la produzione di energia da tale biomassa.
Quindi la legna di potatura può finire nella propria stufa di campagna (ma anche in quella del vicino o di chiunque giudichi legna buona da bruciare il ramo del nostro vecchio albero). Purtroppo nelle nostre zone non ci sono impianti di produzione di energia da legna (biomassa) di questo tipo e l’interesse per questa destinazione si limita all’uso privato di legna di pregio (olivo, leccio).
La legna di minor pregio (che non vuole nessuno) e di diametro di 10/15 cm può essere ridotta in piccoli pezzi di pochi centimetri (cippatura), grazie all’uso di attrezzature dedicate, come il nostro biotrituratore.
Questo nuovo materiale, usato tal quale, verrà distribuito sul terreno come pacciamatura sotto le siepi e le altre piante (un coperta che limita la crescita delle erbacce, concima il terreno e ne migliorare la struttura).
Ma anche gli altri rifiuti verdi che non bruciano così bene (come l’erba e le foglie), possono darci ancora qualcosa (ed evitare di girare in lungo e largo per l’Italia inquinando). La soluzione è il compostaggio verde. In cumulo o in una compostiera apposita, anche costruita col fai da te, trasformerà dopo pochi mesi foglie, erba, piccoli rami, in un compost casalingo, di qualità eccezionale, in grado di restituire al terreno e alle nostre piante quello che gli era stato tolto. E così (sì che) si chiude il ciclo. Altro che rifiuti.

Contattaci, possiamo aiutarti a migliorare la gestione dei tuoi rifiuti verdi: con semplici consigli sul compostaggio, costruendo la tua compostiera personale o trasformando sminuzzare i tuoi rifiuti verdi in materiale da pacciamatura o da compostare.

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Bonus Verde. Detrazione del 36% per chi investe nei suoi angoli verdi

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Il 2018  è  l’anno giusto per chi ha deciso di investire nei suoi angoli verdi. Grazie al Bonus verde,  introdotto dalla Legge di stabilità, per chi ristrutturerà giardini, balconi e cortili è prevista una detrazione Irpef del 36% su tutte le spese, anche quelle relative all’installazione di un impianto di irrigazione o all’allestimento di una recinzione per il giardino.

Possono essere detratti tutti gli interventi volti alla “sistemazione a verde” di aree scoperte private di edifici esistenti (come giardini, terrazzi o balconi), pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione di pozzi. Sono detraibili anche i lavori per la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili. Su questi, se rientranti in un progetto di riqualificazione energetica, valgono ancora le detrazione relative al Bonus sul risparmio energetico.

Il Bonus verde è previsto anche per le spese sostenute per interventi eseguiti su parti comuni esterne dei condomini, fino a un importo massimo complessivo di € 5.000 euro per unità immobiliare. In questo caso, però, la detrazione spetta al singolo condomino nel limite della quota a lui imputabile. Per i lavori condominiali, perciò, bisognerà considerare il numero totale delle unità abitative: se il vostro condominio è composto da 10 appartamenti, la spesa massima complessiva sarà di 50.000 euro (il limite massimo per unità rimane comunque fissato a € 5.000).

L’ Agenzia delle Entrate ha specificato che anche le piante in vaso possono essere portate in detrazione, purché il loro acquisto rientri in un intervento “relativo all’intero giardino o area interessata, consistente nella sistemazione a verde ex novo o nel radicale rinnovamento dell’area esistente”.

Anche nel caso del Bonus verde la detrazione è ripartita nei successivi 10 anni, per un totale di 10 quote annuali di pari importo (€ 5.000 x 36% = € 1.800 quindi fino a un massimo di 180 euro all’anno).

Niente di stravolgente, ma un piccolo segno in controdendenza, a favore del nostro ambiente più prossimo.

Contattaci per ogni informazione.

Fonte:

http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/nsilib/nsi/aree+tematiche/casa/agevolazioni/bonus+verde

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I nuovi drammatici rapporti sul cambiamento climatico

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Non è tanto il caldo, perché l’aumento della temperatura si sente ma non si vede. Ciò che colpisce l’immaginario collettivo è l’assenza di acqua lì dove c’è sempre stata. In questi mesi l’Italia ha scoperto uno dei possibili effetti del cambiamento climatico, per troppo tempo trascurato: una devastante siccità. Incendi che si propagano con velocità allarmante nel sottobosco secco, laghi ridotti a pozzanghere mentre gli alvei dei grandi fiumi emergono in tutto il loro candore. Anche il sistema delle dighe alpine è allo stremo; esasperata in molti casi da una gestione personalistica dei consorzi di bonifica, da una rete di acquedotti storicamente ridotta a colabrodo e da sistemi di irrigazione anacronistici che disperdono più di quanto innaffino, la siccità colpisce severamente agricoltura e allevamento, con danni che Coldiretti stima attorno ai 2 miliardi di euro. Due terzi delle Regioni sono a secco e in almeno dieci si attende il riconoscimento dello stato di calamità; in Veneto, dove i volumi teorici a disposizione dell’agricoltura comprendono tuttora – e incredibilmente – l’invaso del Vajont, la giunta ha emesso in questi mesi ben tre ordinanze allo scopo di contingentare l’acqua mentre nel Lazio il lago Bracciano è sotto di 1.63 metri rispetto allo zero idrometrico e prossimo al punto di non ritorno.
Secondo i ricercatori dell’Istituto di Ricerca sulle Acque (Irsa) del CNR, un ulteriore abbassamento di circa 40 centimetri comporterebbe elevati rischi di ripercussioni sull’ecosistema e sulla falda circumlacuale. Compresa la cessazione della naturale capacità di autodepurazione del lago che renderebbe necessario il trattamento delle acque del lago prima di poterle utilizzare.

Il rapporto ISPRA

Nei giorni scorsi, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) ha pubblicato il consueto aggiornamento del rapporto “Gli indicatori del clima in Italia” che illustra l’andamento nel corso dell’anno appena trascorso e aggiorna la stima delle variazioni climatiche negli ultimi decenni. Rispetto al trentennio di riferimento (1961-1990), il 2016 ha fatto registrare un aumento della temperatura media di 1.35°C, leggermente superiore all’incremento di +1.31°C di quella globale. A differenza di quest’ultima, che per il terzo anno consecutivo ha stabilito un nuovo record, il 2016 è il sesto anno più caldo della serie storica italiana, il cui primato è stato stabilito nel 2015. Eccetto il mese di ottobre nelle regioni settentrionali tutti i mesi del 2016 sono stati più caldi della norma. Se durante l’estate non si sono verificate ondate di calore particolarmente intense o durature, la stagione invernale è stata caratterizzata da anomalie termiche piuttosto marcate, con un aumento della temperatura media pari a +2.15°C. In altre parole, a cambiare non è tanto la stagione estiva quanto l’inverno, caratterizzato da un numero minore di giorni freddi e temperature più alte. Tuttavia, l’aspetto più rilevante del 2016 è stato proprio la persistenza di condizioni di siccità; la seconda metà dell’anno è stata caratterizzata da periodi prolungati di carenza o addirittura assenza di piogge in diverse regioni, che a fine anno hanno portato le risorse idriche a livelli mediamente molto bassi. Le precipitazioni annuali sono state complessivamente inferiori alla media di circa il 6%: il carattere prevalentemente secco del 2016 è confermato dal valore medio nazionale di umidità relativa, che con un’anomalia media di -2.4% rappresenta il quarto valore più basso dal 1961. Al contempo, non sono mancati gli eventi estremi anche di forte intensità e durata che hanno colpito particolarmente la Liguria e il Piemonte alla fine di novembre.

Quale clima?

Il cambiamento climatico non è un evento ipotetico che appartiene a un futuro remoto ma un fenomeno attuale e sfuggente con cui dobbiamo imparare a convivere. “Le osservazioni sull’aumento dei gas serra sono consistenti, mentre le altre spiegazioni proposte per spiegare il cambiamento dei parametri atmosferici insoddisfacenti” ricorda il climatologo Antonio Navarra, presidente del Centro Euro-mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC). Il Mediterraneo è posto sul bordo di transizione tra due zone climatiche, con caratteristiche molto diverse. A seconda delle oscillazioni stagionali il confine si sposta: in inverno la nostra penisola è perlopiù compresa nella fascia temperata, in estate in quella subtropicale, caratterizzata da una spiccata siccità. L’intensificarsi del cambiamento climatico promuove lo spostamento verso nord della cella di Hadley e con essa dell’anticiclone africano che si traduce nel rischio di desertificazione per le regioni più meridionali del Paese e nella tropicalizzazione delle rimanenti. Non è questione di alcuni giorni particolarmente caldi o dei millimetri di pioggia caduti. “Sarebbe sbagliato correlare il singolo evento anomalo al cambiamento climatico. Sono fenomeni che hanno scala temporale molto diversa, è come se volessimo spiegare la vibrazione del tavolino di casa con un terremoto avvenuto molto lontano” prosegue Navarra. Il cambiamento climatico è un gioco di statistiche e le risposte sono fornite in base alle probabilità. Ciò che c’è di certo, è che sta avvenendo. Lo scenario elaborato dalla Divisione Modelli Regionali e Impatti al Suolo del CMCC relativo al trentennio 2021-2050 delinea per il nostro Paese un aumento dei periodi di siccità e in più in generale una diminuzione delle piogge, in particolare di quelle estive anche del 20% rispetto al clima attuale. Ecco perché è il momento di cambiare passo. “Oggi nessuna politica è scritta appositamente per il cambiamento climatico ma allo stesso modo nessuna ignora il fenomeno” conclude Navarra. Perché il cambiamento climatico è qui e ora. E dovremo imparare a conviverci.

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La flora del Parco di Portofino

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La flora del Parco di Portofino (insieme delle specie vegetali che vivono in un determinato territorio) è costituita da oltre 900 specie vegetali superiori. La notevole ricchezza e varietà floristica è frutto principalmente della storia naturale del territorio, della geologia e morfologia, fattori determinanti per la presenza di differenti suoli e di differenti microclimi; infine fattore rilevante è la presenza, fin dalla preistoria  dell’uomo, che ha modificato gli ambienti originari e introdotto o diffuso inconsapevolmente specie esotiche.

Il Parco riveste pertanto una notevole importanza in quanto racchiude in un territorio limitato per estensione e sviluppo altitudinale, specie assai diverse per distribuzione e origine. Molte di queste sono di interesse scientifico, perché allo stato naturale, si riproducono e vegetano esclusivamente in ambienti di estensione limitata (endemismi) o al limite della loro zona di presenza non occasionale  (area di distribuzione).

Tra le specie endemiche spicca la Sassifraga spatolata (Saxifraga cochlearis), originaria di ambienti tipici delle regioni subartiche, giunta alle nostre latitudini con l’ultima glaciazione Wurmiana e che, in seguito ai mutamenti climatici verificatisi successivamente, è presente, nell’Europa meridionale, solo sulle rupi del Promontorio di Portofino e delle Alpi Marittime.

Esempi tipici di specie al loro limite di distribuzione geografica, sono l’Erba lisca (Ampelodesmos mauritanicus), al limite nord del suo areale, e la Statice cordata (Limonium cordatum), al suo limite orientale.

Sul Promontorio, le particolari condizioni climatiche consentono inoltre una insolita vicinanza tra specie dei climi caldi, quali l’Euforbia arborea (Euphorbia dendroides) e la Pteride di Creta (Pteris cretica), e specie di climi decisamente più settentrionali, quali la Genzianella campestre (Gentianella campestris) e il Croco bianco (Crocus albiflorus), presenti ad altitudini insolitamente basse.

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12 motivi per piantare un albero

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Alcune ragioni sono scontate, altre un po’ meno. Gli alberi fanno parte della nostra esistenza da sempre. Sono alla base del sistema equilibrato che permette alla vita di prendere forma su un pianeta. Ogni tanto è cosa buona e giusta rendergli grazie e capire a fondo in che modo permettono la nostra sopravvivenza.

1. Gli alberi e il clima

Aiutano a mitigare l’effetto serra, assorbendo per tutta la vita anidride carbonica e quindi anche le emissioni climalteranti di origine antropica.

2. Gli alberi producono ossigeno

Grazie alla respirazione cellulare, gli alberi intrappolano CO2 ed emettono ossigeno nell’atmosfera. La CO2 si trasforma in sostanza organica, che diverrà a sua volta suolo fertile. Un albero produce in media 20-30 litri di ossigeno al giorno, ogni uomo necessita in media di 300 litri di ossigeno al giorno.

3. Gli alberi puliscono l’aria

Sono in grado di filtrare il particolato e gli inquinanti presenti nell’aria, le loro foglie infatti intercettano sostanze dannose come l’anidride solforosa e il biossido di azoto.

4. Gli alberi puliscono l’acqua

Riducono il flusso della pioggia, incrementando le falde freatiche ed impedendo agli inquinanti di arrivare al mare.

5. Gli alberi prevengono l’erosione del suolo

Le radici penetrando nel terreno, in particolar modo sui versanti di montagne e colline, mantengono il suolo coeso, impedendo a quest’ultimo di franare.

6. Gli alberi abbelliscono giardini, parchi e città

E fanno bene alla salute psicofisica. È provato che il verde rilassa, rinfranca, rincuora.

7. Gli alberi regolano la temperatura

Producono ombra e assorbono la luce solare, raffrescando l’estate. D’inverno sono in grado di mitigare i venti più freddi.

8. Gli alberi producono legno

Fino a pochissimi anni fa, il legno proveniente dalle diverse specie, accompagnava qualsiasi attività umana. Dall’industria alla mobilità, dall’edilizia allo svago, dal riscaldamento alla meccanica.

9. Gli alberi aumentano la biodiversità

Fanno da riparo a decine di specie animali. Uccelli, insetti, roditori. Interi ecosistemi si basano sulla loro ecologia.

10. Gli alberi fanno crescere sani i bambini

I bambini hanno bisogno di alberi su cui arrampicarsi per non perdere il loro lato selvaggio e il contatto con l’ambiente. La scoperta della natura favorisce le capacità motorie dei bambini, lo sviluppo cognitivo e intellettuale e la fantasia. È stato rilevato che i bambini che giocano a contatto con alberi e prati si comportano in modo più creativo.

11. Gli alberi sono una memoria storica

I più antichi alberi hanno centinaia se non migliaia di anni e portano dentro il loro tronco i segni del tempo. Temperature, siccità, quantità di sostanze nutritive. Da un tronco si può capire il passato.

12. Gli alberi sono la nostra memoria storica

Una volta piantato un albero, molto probabilmente, questo sopravviverà a noi e ai nostri figli. Un autentico lascito per l’intera comunità.

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Punteruolo rosso. Cos’è e come funziona

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Il punteruolo rosso è un coleottero molto pericoloso per le nostre palme: le attacca fino ad ucciderle. È importante quindi intervenire in modo tempestivo se vogliamo salvare la nostra pianta da questo terribile insetto. Vediamo come con i rimedi più efficaci.
Il punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus) è un coleottero arrivato in Italia in seguito all’importazione di piante di cocco provenienti dall’Asia. Nel nostro paese questo parassita non ha predatori naturali per questo riesce a distruggere indisturbato le nostre palme ornamentali. Purtroppo individuarne la presenza sulla pianta è difficile: le larve del punteruolo rosso agiscono infatti dall’interno mangiando e succhiando la parte vitale della palma. Per questo è importante agire in maniera tempestiva, prima che la pianta sia totalmente infestata, e soprattutto proteggere le nostre palme con la prevenzione. Vediamo allora come eliminare il punteruolo rosso con i rimedi più efficaci.

Come identificare il punteruolo rosso

Il punteruolo rosso misura circa tre centimetri ed è coperto da una dura corazza, vive circa quattro mesi ma si riproduce velocemente. Purtroppo non è facile individuarlo in quanto i danni provocati dalle larve sono visibili solo a danno avvenuto: le uova vengono depositate di solito nelle zone più giovani della pianta, è consigliabile quindi ispezionare quella parte per identificarne la presenza o meno. Ogni femmina depone dalle dieci alle cento uova per volta: una volta schiuse, le larve si dirigono direttamente verso l’interno della pianta scavando delle vere e proprie gallerie. Riconoscere le larve è semplice: sono biancastre, non hanno zampe ma hanno ben sviluppato l’apparato masticatore. Inoltre, un modo per capirne la presenza, è avvicinarsi alla pianta: se il punteruolo rosso è in azione sentirete un rosicchiamento di legno. Se non si interviene in tempo il punteruolo non abbandona la pianta fino a quando non ha più niente da mangiare.
Se ci siamo accorti troppo tardi della presenza del punteruolo rosso sulla nostra palma, l’unico rimedio sarà quello di bruciarla per evitare che possa contaminare altre piante presenti in zona. Vediamo invece come agire se la pianta è ancora salva.

Rimedi chimici

Tra i rimedi chimici meglio utilizzare agrofarmaci autorizzati adatti per essere applicati sulle palme. Ecco quali sono:

  • Abamectina
  • Azadiractina
  • Ciflutrin
  • Clorpirifos
  • Clorpirifos-metile
  • Clothianidin
  • Imidacloprid

In merito al tipo di somministrazione utilizzate Abamectina e Azadiractina spargendola sul terreno oppure per endoterapia, applicando cioè i fitosanitari direttamente nel sistema vascolare delle piante, due volte l’anno. È consigliato invece utilizzare Clorpirifos, Clorpirifos-metile e Clothianidin applicando l’agrofarmaco direttamente sulla chioma.
Se la pianta non ha ancora subito l’attacco mortale cominciate a potarla eliminando e bruciando le parti infestate. Dopo eseguite un trattamento con uno specifico insetticida, avvolgete la pianta con un telo di plastica, che solleverete ogni due giorni per qualche ora per far respirare la palma. Ripetete l’operazione almeno due volte al mese. Se la vostra palma si trova vicino a piante che sono state colpite dal punteruolo rosso, allora riponete all’interno della chioma delle bustine di naftalina e, per rendere il rimedio più efficace, bagnate le bustine: l’odore sarà così intenso da impedire al punteruolo di depositare le uova.

Rimedi biologici

Se volete provare a eliminare il punteruolo rosso con rimedi biologici, potete ricorrere all’utilizzo di un suo antagonista naturale lo Steinernema carpocapsae, un parassita che attacca le larve del punteruolo rosso. Di solito si utilizzano preparazioni a base di questo parassita con i quali irrorare la chioma della palma.
Quando il punteruolo rosso attacca esemplari pregiati di palma, si può provare a salvare la pianta grazie alla dendrochirurgia, asportando cioè tutte le zone danneggiate. Ciò solo se la gemma apicale non è stata danneggiata in modo irreversibile.
Un ultimo rimedio è costituito da uno specifico macchinario che avvolge la pianta con delle microonde che distruggono il punteruolo rosso, ma anche le uova e le larve, sia quelle presenti sulla pianta che quelle che si trovano all’interno.

Come prevenire l’attacco del punteruolo rosso

La prevenzione è spesso l’unico modo che abbiamo per salvare le nostre palme dal punteruolo rosso

  • Controllate la pianta più volte durante l’anno;
  • quando eseguite la potatura coprite le parti scoperte con del mastice che svolga anche una funzione insetticida e fungicida;
  • potete utilizzare l’endoterapia anche per la prevenzione, evitando così che il fitosanitario si disperda nell’aria;
  • come prevenzione si consiglia inoltre di piantare solo esemplari di palme certificati, esenti quindi dal punteruolo rosso. Curatele per mantenerle in salute ed evitate lesione del tronco, delle foglie e di tutta la palme in generale. Eliminate sempre con cura tutte le parti potate.

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